
Eco-Dance: pratiche sostenibili in sala e in scena
Nel 2025 parlare di danza senza discutere di sostenibilità è impossibile.
Ogni produzione genera CO₂: viaggi dei danzatori, materiali scenici, consumo energetico dei teatri.
Tuttavia, il settore sta innovando.
Il Royal Danish Ballet ha sostituito il tradizionale linoleum in PVC con fogli BiVinyl, derivati da plastica riciclata post-consumo, abbattendo del 40 % le emissioni rispetto al materiale vergine.
L’investimento iniziale è del 15 % superiore, ma la maggiore resistenza raddoppia la vita utile, riducendo i costi nel medio termine.
Per i costumi, brand come Tiny Dancers Couture realizzano tutù in fibre Tencel e bamboo, tinte con coloranti a base d’acqua.
I laboratori della New York City Ballet hanno sperimentato un modello “take-back”: alla fine della stagione, i costumi vengono smontati e i materiali reinseriti nel ciclo produttivo.
Capitolo touring: la Carbon Footprint for Theatre britannica ha introdotto un software che calcola emissioni per tratta, suggerendo alternative ferroviarie o slow touring (meno tappe, run più lunghe).
L’ultimo tour di Hofesh Shechter ha ridotto del 55 % i voli interni europei, compensando il restante con investimenti in riforestazione certificata.
Per i teatri, la gestione dell’energia è cruciale.
Il Teatro dell’Opera di Roma ha installato un impianto fotovoltaico sul tetto e LED DMX a consumo ridotto. Il lighting designer può programmare intensità minime per le prove, riservando i 1000 lux ai run-through finali.
Risultato: 120 000 kWh risparmiati in un anno e un taglio di 60 tonnellate di CO₂.
Le scuole di danza possono contribuire adottando borracce riutilizzabili, eliminando bottigliette monouso, e istituendo cassette swap your leotard per riciclare body e scarpette.
Alcuni centri offrono sconti sul mensile a chi viene a lezione in bicicletta, creando un green engagement loop.
Infine, la dimensione artistica: coreografi come Sharon Eyal integrano la crisi climatica nella drammaturgia, usando scenografie digitali proiettate anziché costruite.
L’assenza di set fisici riduce peso e costi, ma richiede competenze di video mapping avanzate: ecco nascere figure professionali ibride, esperti di danza ed ecodesign.
La sfida futura sarà quantificare l’impatto reale con metriche condivise.
Intanto, l’eco-dance dimostra che sostenibilità non è limite bensì terreno fertile per invenzione scenica e coscienza collettiva.